La svolta di Basilea 1989

Il 1989 è ricordato per il crollo del Muro di Berlino, ma anche per una tappa importante del cammino ecumenico. Intervista a Stephen Brown

17 maggio 2019

(Gaëlle Courtens) Esattamente 30 anni fa, per la prima volta nella storia, si ritrovarono fianco a fianco circa 700 delegati di tutte le chiese cristiane presenti in Europa, dell’est e dell’ovest, per riflettere insieme - protestanti, cattolici e ortodossi - sul tema “Pace nella giustizia”. Il luogo scelto per l'incontro fu Basilea, città svizzera sul confine con la Francia e la Germania. Dal 15 al 21 maggio 1989 si svolse la prima Assemblea ecumenica europea (AEE), indetta congiuntamente dalla Conferenza delle chiese europee (KEK) e dal Consiglio delle conferenze episcopali europee (CCEE), presieduti all’epoca rispettivamente dal metropolita Alessio di Leningrado e Novgorod, e dal cardinale Carlo Maria Martini.

Carlo Maria Martini

Una tappa profetica
L'assemblea di Basilea è stato il primo appuntamento in cui le chiese cristiane di tutta Europa si sono riunite per comprendere la comune vocazione evangelica e le sfide future: una pietra miliare del cammino ecumenico postconciliare che negli anni successivi si è rivelata profetica. L’Europa stava per cambiare volto, i Paesi dell'Est erano in subbuglio, la cortina di ferro si stava sbriciolando, le popolazioni del blocco sovietico dicevano la loro sete di giustizia e di pace.

“Era un periodo di cambiamento. E l’Assemblea ecumenica del 1989 rifletteva questo cambiamento”, dice a Voce Evangelica il giornalista Stephen Brown, direttore della Ecumenical Review del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), testimone diretto di quegli avvenimenti e autore di un volume pubblicato in tedesco e inglese dal titolo “Dall’insoddisfazione al dissenso: il processo conciliare per la giustizia, la pace e l’integrità del Creato quale precursore della rivoluzione pacifica nella DDR”.

Stephen Brown

Stephen Brown, in che cosa consiste l'importanza della prima AEE per l'Europa?
Prima dell’AEE di Basilea non si era mai vista una manifestazione ecumenica che riunisse così tanti cristiani provenienti dall’altra parte di quella che allora si chiamava la "cortina di ferro". Dalla Germania dell’est, per esempio, erano una cinquantina le persone appartenenti a diversi gruppi parrocchiali che nella DDR avevano lavorato sui temi della pace, della giustizia e della salvaguardia del creato. Una circostanza non scontata, in quel periodo: le autorità nella DDR avevano chiuso le frontiere perché in altri paesi del blocco sovietico c’erano dei movimenti di liberazione, come in Polonia dove si erano appena svolte le prime elezioni semi-libere.

Che ruolo hanno avuto i lavori preparatori delle chiese dell’ex-DDR in vista dell’Assemblea ecumenica? Sappiamo che da mesi venivano organizzate le “manifestazioni del lunedì” che si svolgevano dopo gli incontri di preghiera nelle chiese, penso in particolare alla Nikolaikirche di Lipsia...
Va detto che già a partire dal 1986 le persone coinvolte in gruppi di lavoro ecumenici avevano cominciato a promuovere una riflessione autonoma. In vista della AEE di Basilea i cristiani della DDR decisero di organizzare un’assemblea ecumenica nazionale, svoltasi in tre tappe tra il 1988 e il 1989. Per la prima volta nella storia quarantennale della DDR c’erano intorno a un tavolo delegati ufficiali delle chiese protestanti, evangeliche libere, ortodosse e cattolica per parlare di questioni sociali e politiche. Ma c’erano anche rappresentanti di gruppi laici e comunità locali, gli stessi gruppi che negli anni precedenti, spesso guardati a vista dal governo della DDR, riflettevano sui temi di pace, giustizia e integrità del creato.

Assemblea ecclesiastica nella DDR

L’Europa stava per cambiare volto, i Paesi dell'Est erano in subbuglio

Le tre sessioni dell’assemblea ecumenica nazionale si ispiravano al movimento ecumenico globale e seguivano il motto: “vedere, valutare, agire”. L’elenco delle richieste scaturito da quegli incontri, sei mesi dopo sarebbe stato alla base delle rivendicazioni di molti gruppi di attivisti e di nuovi partiti politici della Germania dell’est. Il tema chiave era quello della giustizia, che anche all’interno dell'AEE aveva assunto un potenziale quasi rivoluzionario.

Le chiese e la caduta del Muro (Segni dei Tempi RSI)

Lei cita l’aspetto rivoluzionario. Nei mesi che hanno preceduto la caduta del muro di Berlino i sollevamenti popolari si sono svolti pacificamente, senza violenza. Qual è stato il contributo delle chiese e dei loro leader?
Nelle chiese il tema della non-violenza e della pace era molto importante. Non solo relativamente a quanto succedeva nel mondo, ma in primo luogo riferito alle proprie azioni. Nell’ex-Germania dell’est non fu versata neanche una goccia di sangue, ma in altre parti dell’Europa orientale il cambiamento non si fece senza violenza. La rivoluzione pacifica nella DDR non fu soppressa con le armi, ma era presente ovunque una certa “violenza di Stato”.

A Lipsia i lunedì sera si usciva a manifestare liberamente nelle strade, ma a Halle altri manifestanti venivano pestati dalla polizia e portati nei commissariati. La cosa da sottolineare è che chi era impegnato concretamente a favore del cambiamento, lo faceva in modo non violento e pacifico.

Lei era lì in quegli anni cruciali per la DDR. Cosa ricorda?
Quello che mi rimase più impresso era l’instancabile ricerca di spazi da parte delle persone. Spazi dove poter dire: “vogliamo cambiare la società. La vogliamo cambiare in meglio, vogliamo qualcosa di diverso”. Macchine duplicatrici e ciclostili venivano contrabbandati da fuori per scrivere e diffondere testi ritenuti sovversivi. Gli spazi potevano essere anche i concerti, non importa se fossero d’organo o di musica punk, l’importante era incontrarsi in uno spazio libero. Se penso alla seconda metà degli anni ’80, la parola che mi viene in mente è: determinazione. C’era nell’aria una risolutezza, per cui le cose dovevano cambiare e le persone assumersi la responsabilità affinché cambiassero.

Come mai proprio in quella parte della Germania, dove le persone hanno lottato per ottenere diritti e libertà, oggi si registrino le percentuali più alte di gruppi neonazisti e partiti dell’ultra destra identitaria?
Nella Germania dell’est le chiese cristiane non hanno mai rappresentato la maggioranza della popolazione, ma potevano avere un impatto perché erano l’unica parte della società non direttamente controllata dallo Stato. Il successivo processo di riunificazione ha messo in luce la fragilità, più che la forza, di queste chiese.

Andò tutto molto in fretta, forse troppo

Tutto andò molto in fretta. Ad agosto nessuno poteva immaginare che a settembre il governo sarebbe caduto in seguito alle manifestazioni di piazza. Nel mese di settembre nessuno si aspettava che a novembre si sarebbe aperto un varco nel Muro di Berlino. E alla fine del 1989 nessuno poteva prevedere che nell’ottobre del 1990 ci sarebbe stata la riunificazione. Tra la Germania dell’est e dell’ovest si parlava di riavvicinamento a tappe, ma non di riunificazione. Non c’è stato sufficiente tempo per un periodo di adattamento, sia da un punto di vista culturale, sia economico. Molte persone persero i loro impieghi: da chi lavorava nelle fabbriche, agli ingegneri fino agli intellettuali. E la cultura politica della Germania dell’est fu completamente accantonata. Se guardiamo oggi al governo federale in Germania, quante persone sono originarie della Germania orientale? Nessuno. E se guardiamo ai vertici della Chiesa evangelica in Germania, quante persone provengono dalla Germania dell’est? Nessuna.

Una pastora contro i neonazisti (Segni dei Tempi RSI)

La riunificazione fu troppo precipitosa?
Non c’è dubbio che negli ultimi 30 anni l’ex DDR abbia fatto grandi progressi dal punto di vista economico, ma tra il 1989 e il 1991la popolazione ha subito un vero e proprio choc culturale. A metà del 1989, potevi essere contento o scontento della situazione nel tuo paese, potevi essere favorevole o contrario al tuo governo, ma in ogni caso sapevi come funzionavano le cose. Due anni dopo avevi leggi completamente diverse, un'altra cultura politica, una nuova organizzazione della società, e magari i tuoi diplomi non avevano più nessun valore nella Germania riunificata. L'avvento di formazioni politiche come la Alternative für Deutschland (AfD) provoca una rinnovata riflessione su questo tema.

Assemblea ecumenica di Basilea 1989

Le chiese oggi devono lavorare fianco a fianco con altri attori della società civile

In che situazione versano le chiese nell’ex-DDR?
Si muovono in un quadro molto difficile, caratterizzato dal pluralismo. Il loro ruolo è cambiato rispetto a quello che avevano sotto il regime ateo e comunista della DDR. Allora erano in prima fila, oggi invece fanno parte di un mosaico più ampio: si trovano a dover lavorare fianco a fianco con altri attori della società civile.

Come vede il futuro?
Tutto sommato sono abbastanza ottimista, sì. Non penso che questo sia un periodo facile, ma credo che la cultura politica della Germania tutta intera, con le sue nuove generazioni, abbia una forte capacità di resilienza. La Germania è stata in grado di assorbire centinaia di migliaia di rifugiati, tre anni fa, integrandoli con successo. Ecco, credo che questo dica molto sulla capacità di resilienza politica presente oggi in Germania.

“Chiese in diretta”, rubrica radiofonica di informazione religiosa della RSI, dedica l’intera trasmissione di domenica 19 maggio alla Prima Assemblea ecumenica europea di Basilea del 1989. Alle 8.30 sulla Rete1 con gli interventi di Moreno Bernasconi, Stephen Brown e Paolo Ricca.
La puntata è a cura di Gaëlle Courtens e Gino Driussi.

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