Solidarietà in montagna

Il Premio svizzero 2019 per i diritti umani “Alpes Ouvertes” ai “7 di Briançon” condannati dalla giustizia francese per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare

29 aprile 2019

(Gaëlle Courtens) Bastien, Benoît, Eleonora, Juan, Lisa, Mathieu e Théo sono i vincitori del Premio svizzero per i diritti umani “Alpes Ouvertes” promosso dal “Circolo degli amici di padre Cornelius Koch” (1940-2001), il parroco noto per il suo instancabile impegno a favore dei profughi. Sono i “7 di Briançon”, attivisti solidali con i migranti in montagna, a cui quest’anno è stato conferito il prestigioso riconoscimento, dotato di 12mila franchi. Lo scorso 9 novembre sono stati condannati dalla giustizia francese per favoreggiamento all’immigrazione irregolare.

Solidarietà come reato
Per la premiazione lo scorso 23 aprile un’ottantina di persone provenienti da tutta Europa si è radunata al Colle del Monginevro, sul confine alpino tra Francia e Italia, a pochi chilometri da Briançon. Presenti per l’occasione - tra gli altri - la scrittrice turca Pinar Selek; don Giusto della Valle, prete di frontiera impegnato nel “Progetto accoglienza di Rebbio”, vicino Como; l’ex procuratore pubblico ticinese Dick Marty, già membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa; e Sasha Girke, capomissione della Iuventa, nave civile tedesca di soccorso in mare, sequestrata nell’agosto 2017 a Lampedusa.

Dick Marty (sin.) e don Giusto della Valle

La manifestazione ha preso il via con una marcia in direzione dell’Italia. Alla testa del piccolo corteo uno striscione che recitava: “solidarietà come reato”. In quell’angolo delle Alpi era appena ripiombato l’inverno. Faceva freddo, ma Claude Braun, tra i promotori del Premio “Alpes Ouvertes” insieme a Michael Rössler e Hannes Reiser, si è detto soddisfatto, perché “nonostante le condizioni avverse, molte persone sono venute da lontano per esprimere la loro simpatia e solidarietà a chi è impegnato nell’accoglienza dei migranti”.

Migranti sul Monginevro (Segni dei Tempi RSI La1)

Valore simbolico, ma non solo
La premiazione si è svolta sul confine, davanti alle forze di polizia in assetto antisommossa. Qui c’è stato dapprima un momento di raccoglimento in memoria delle vittime della frontiera, morte in montagna come in mare.
3 dei 7 di Briançon, tra cui due svizzeri, un anno fa sono stati arrestati dopo aver partecipato ad una manifestazione pacifica di solidarietà con i migranti e contro le posizioni xenofobe dell’estrema, svoltasi proprio lì.

Théo, tra i vincitori del Premio “Alpes Ouvertes”

Tra loro Théo, un giovane agricoltore di Ginevra, che del Premio ha sottolineato anzitutto la valenza simbolica: “Per me significa che le azioni di disobbedienza civile possono essere riconosciute. Qualcosa andrà per finanziare le nostre spese legali, il processo continua, siamo andati in appello, ma il grosso è destinato a sostenere le strutture di accoglienza in montagna, e le guide alpine in servizio notturno al di qua e al di là dalla frontiera, questo sì che è importante!”, ha dichiarato a Voce Evangelica.

Claude Braun e Michael Rössler

Nessuna crisi di solidarietà
Due dei 7 di Briançon sono operatori della Cimade, la storica organizzazione francese di matrice protestante impegnata per la difesa dei diritti di rifugiati e migranti. A rappresentare la Cimade al Monginevro è Brigitte Appia. Si può parlare oggi di una crisi della solidarietà? “È quello che vogliono farci credere - ha risposto a Voce Evangelica -. Ma è falso, come dimostra l’impegno messo in campo giorno dopo giorno. Gli iscritti alle associazioni di sostegno per stranieri sono in costante aumento, e continuano a crescere le donazioni. È un segnale significativo. E gli atti di solidarietà concreta sono tantissimi. È importante dire che non si tratta di gesti umanitari caritatevoli, bensì di atti politici. I 7 di Briançon sono solo la parte visibile di un movimento trasversale che coinvolge migliaia di persone. Non credo proprio ci sia una crisi della solidarietà”.

Gli atti di solidarietà concreta sono tantissimi

Crisi no, reato sì
Niente crisi della solidarietà, dunque. Cionondimeno, tra Alpi e Mediterraneo, i reati di solidarietà vanno aumentando. Dick Marty, uomo di legge, già procuratore pubblico del Ticino, ha affermato di fare fatica a difendere delle sentenze che condannano delle persone che hanno semplicemente cercato di aiutare il prossimo. Nel suo intervento ha ricordato il pastore evangelico svizzero Norbert Valley, condannato per aver dato le chiavi della sua chiesa ad un togolese la cui richiesta di asilo è stata rifiutata. È una vecchia storia, “vecchia più di 2500 anni”, ha detto Marty, ricorrendo alla tragedia greca di Antigone: “Sofocle esprime bene quest’opposizione tra una giustizia istituzionale che rappresenta il potere e la forza, e la giustizia che invece rappresenta i valori di equità, morale ed etica”.

Norbert Valley

Agnes Marie Rive, pastora protestante di Briançon presente per l’occasione, si è rallegrata dell’esistenza di questo Premio: “Mette in luce il fatto che ci sono delle persone che invece sostengono le azioni di chi è solidale con i migranti. Aiutare le persone affinché rimangano in vita, ospitarle e dare loro da mangiare, mi sembra il minimo che si possa offrire a persone nel bisogno. Trovo scioccante la nozione di ‘reato di solidarietà’. Il Vangelo ci invita ad essere al fianco degli esclusi, dei diseredati, ma ci invita anche avere fiducia nella vita più forte della morte, a sentirci al sicuro a fianco del Signore Gesù Cristo, anziché accumulare le nostre piccole sicurezze, totalmente artificiali e illusorie. Non dobbiamo dimenticare i nostri valori cristiani e, più semplicemente, umani”.

don Giusto della Valle

Diritto di accogliere
Con gli “Amici di Cornelius Koch”, a consegnare il Premio “Alpes Ouvertes” ai 7 di Briançon è stato don Giusto della Valle. Lui stesso, insieme all’associazione Firdaus di Lisa Bosia Mirra, nel 2017 è stato insignito dello stesso Premio. Non ha dubbi su cosa è prioritario: “Di fronte a chi migra la prima risposta è l’accoglienza, non è il rifiuto, non è il chiedere i documenti, soprattutto in zone difficili come il passaggio dei valichi alpini”. Per don Giusto quello del “reato di solidarietà” è un fenomeno di denigrazione. Ma più che di solidarietà, secondo lui, è di giustizia che si tratta. “Paradossalmente, spesso è proprio chi dovrebbe garantire la giustizia ad impedire l’esercizio di azioni giuste. È chi dovrebbe far rispettare il ‘diritto di accogliere’, ad opprimerlo”.

Hannes Reiser legge il messaggio di Mimmo Lucano

Di fronte a chi migra la prima risposta è l’accoglienza, non è il rifiuto

Rete di solidarietà
Durante la cerimonia Hannes Reiser ha letto un messaggio del sindaco di Riace Mimmo Lucano, attualmente sospeso perché sotto inchiesta. Da vent’anni il progetto di accoglienza di Riace viene sostenuto dai promotori del Premio “Alpes Ouvertes”. Lucano si è detto solidale con la gente della regione di Briançon, sottolineando l’urgenza di creare un’ampia rete di solidarietà “in questo mondo che è sotto sopra. È un mondo al contrario, quello in cui persone che salvano esseri umani nel Mediterraneo e in montagna sono trascinati davanti ai tribunali. Quando lo Stato comincia a punire questa pratica millenaria, allora significa che c’è qualcosa che non va”.

I convenuti alla manifestazione, lasciato il confine, a pochi chilometri da Briançon sul ciglio della strada, hanno deposto una corona di fiori in memoria di Taninou Dherman, morto di ipotermia. Il corpo senza vita del togolese è stato ritrovato lì lo scorso 7 febbraio. La lista dei morti di frontiera non smette di allungarsi. (foto di Gaelle Courtens)

Per approfondimenti:
Claude Braun e Michael Rössler, Un chrétien subversif. Cornelius Koch, l’abbé des réfugiés, éditions d’en bas, Lausanne, 2013

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