L'antisemitismo francese si veste di giallo

La cancrena antisemita diffusa dai seguaci di Soral e Dieudonné

07 marzo 2019  |  Tristan Berteloot

Il movimento dei gilet gialli è antisemita? Piuttosto è incancrenito da militanti antisemiti che da tre mesi, ogni settimana, approfittano dei cortei per diffondere le proprie idee. Sebbene il movimento sia nato da rivendicazioni sociali e riunisca manifestanti che non riescono ad arrivare alla fine del mese, ogni sabato è stato l’occasione di atti gravi che hanno preso di mira la comunità ebraica. Senza che sia possibile attribuirli ai gilet gialli in generale, ma senza poterli attribuire nemmeno ad altri. "L’orizzontalità prevale, il movimento non ha un corteo organizzato né un servizio d’ordine, la porta è perciò aperta a tutti”, spiega il politologo Jean-Yves Camus, direttore dell’Observatoire des radicalités, l’osservatorio sui radicalismi della fondazione Jean-Jaurès.

La quenelle di Dieudonné

Insulti antisemiti
Quando ci sono manifestazioni massicce e regolari a Parigi “quella gente approfitta dell’occasione”. Prima dell’aggressione ad Alain Finkielkraut al grido di “vattene, sporco sionista di merda. Torna a casa tua in Israele”, l’antisemitismo nei cortei si era già manifestato il 24 novembre con quei cinque uomini che all’incrocio di due arterie parigine avevano intonato: “Manu, la senti che scivola nel tuo culo, la quenelle?” accompagnandosi con il gesto inventato dal polemista antisemita Dieudonné. Il primo del gruppo farà seguire due saluti nazisti.

L'aggressione ad Alain Finkielkraut

Nei cortei è stata notata la presenza del militante negazionista Hervé Ryssen, un ammiratore di Robert Faurisson, e di Yvan Benedetti, ex Fronte Nazionale (oggi Raggruppamento Nazionale). L’uomo dirige il Partito nazionalista francese, che in passato si è dichiarato apertamente “antisionista, antisemita e antiebraico”.
E poi ci sono le scritte sul dorso del gilet fluorescente di un manifestante sugli Champs-Elysées, all’inizio di dicembre: una piramide massone e alcune stelle di Davide barrate a penna con il testo “Omnia sunt judeum” (“Sono tutti ebrei”). O ancora quell’uomo che davanti a una televisione straniera sbraita che i “Rothschild non sono i benvenuti in Francia” e porta sul petto il logo dell’ananas, un riferimento alla canzone “Shoah ananas”, inno ufficioso del dieudonnismo. E quello striscione srotolato la mattina del 18 dicembre su una rotatoria nei dintorni di Lione, sul quale si poteva leggere: “Macron=Drahi=Attali=Banche=Media=Sion”.

Per il grande pubblico l’antisemitismo latente di certi manifestanti è apparso evidente a Parigi il 22 dicembre, quando un gruppo di gilet gialli ha improvvisato una serie di “quenelle” davanti al Sacro Cuore, a Montmartre. Altri hanno replicato la scena il 12 gennaio al parcheggio Séraucourt, a Bourges. E infine questo testo, fotografato durante l’atto IX dei gilet gialli sulla recinzione di un cantiere in un grande viale parigino: “Macron, dimissioni, in carcere, puttana degli ebrei, impiccagione”. Da parte sua l’ex umorista Dieudonné ha posto in vendita sul suo sito gilet fluorescenti con il logo di un ananas e sul dorso la scritta: “Macron, la senti la quenelle?”

“Quando Ryssen si ritrova in gilet giallo sulla prima pagina di ‘Paris Match’ è una fortuna insperata per lui”, afferma Jean-Yves Camus. “E lo stesso vale per Benedetti: dall’inizio delle manifestazioni non si parla che di lui”, mentre il suo gruppuscolo non ha alcun peso.
“Quando il discorso è che l’oligarchia è dappertutto e governa, c’è una porosità inevitabile”, spiega Jean-Yves Camus. “Si tratta del fantasma dell’ebreo cosmopolita, apolide e ricco, che ha il mondo nelle sue mani, il potere mediatico, finanziario e politico. Si tratta di uno schema vecchio come il mondo”.

Il movimento dei gilet gialli è antisemita? Piuttosto è incancrenito da militanti antisemiti

Gli idioti e gli altri
La sfida per i gilet gialli è di condannare ogni volta i comportamenti che nuocciono all’immagine del movimento. Ciò ha la precedenza sulle rivendicazioni ed è estremamente complicato per via del “modo organizzativo in cui l’espressione popolare passa senza filtri e non c’è un leader o un portavoce che parli in nome loro”, sottolinea ancora il politologo. È d’altronde per questo motivo che alcuni gilet gialli cercano di rilanciare il blocco delle rotatorie in provincia, considerando queste operazioni meno soggette a infiltrazioni. Ma anche meno rilevanti a livello mediatico. A Parigi da qualche settimana si assiste a un effetto amplificatore. “Meno manifestanti ci sono, più gli antisemiti sono visibili”, è il commento di Jean-Yves Camus.

“Bisogna distinguere gli idioti dagli altri, ma ora sarà difficile risalire la china”, ha affermato recentemente un coordinatore dei gilet gialli del dipartimento di Senna e Marna in un'intervista a 'Libération'. Soprattutto se gli atti antisemiti continuassero a moltiplicarsi a margine dei cortei. Ancora una volta, c’è un problema. Il movimento dei gilet gialli, che rifiuta il “sistema” in generale, aggrega cittadini in rotta con la stampa tradizionale e che si informano in prevalenza su Facebook. Ciò li rende più permeabili alle informazioni ingannevoli, alle tesi complottiste e quindi antisemite. (da Libération; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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