Un cocktail esplosivo

Riflessioni, da un punto di vista cristiano, sulla crisi che sta scuotendo la Francia

11 febbraio 2019

(Daniel Goldschmidt) Fermato a una rotatoria, mi viene chiesto: “Dov’è il tuo gilet? Ti piace Macron?”. Sono sorpreso da questa domanda e da questo movimento senza precedenti che da mesi scuote la Francia. Al di là dei commenti legati alla stretta attualità, che senso dare a questo movimento?

Alle radici della crisi
È una crisi che si alimenta delle fratture della società francese e delle crescenti diseguaglianze nei paesi ricchi. Tuttavia, con un tasso di diseguaglianza dello 0,30%, la Francia si situa nella media europea, vicino alla Germania e alla Svizzera. Ma allora perché quest’odio?
È una crisi della rappresentanza politica francese. In effetti dopo la vittoria schiacciante dell’attuale maggioranza i partiti e i corpi intermedi (sindacati, rappresentanti eletti locali) sono stati messi fuori gioco; non è una novità, ma il “dégagisme” macroniano si è colorato di un certo disprezzo da parte della maggioranza.

Infine è una crisi della comunicazione dove la dittatura dell’istantanea e delle “comunità” virtuali ha la precedenza sui media classici e l’informazione “convalidata”. In un certo senso Emmanuel Macron appartiene a un’altra epoca: né lui né i suoi ministri sono stati assidui sulle reti sociali, legge libri di filosofia e parla senza leggere appunti invece di distillare invettive cariche d’odio e di twittare in diretta con il suo elettorato.

Reazione del governo
Il governo sembra prendere sul serio l’entità della crisi e vuole disinnescare il malcontento divenuto collera. Di fronte alle sue proposte è malafede parlare di “misure insignificanti” o di specchietti per le allodole”. Gli ultimi gilet gialli assomigliano più ad anarchici che a cittadini sinceri. Inoltre l’immaturità del 25% che ha votato Macron per esclusione al secondo turno è preoccupante: la loro delusione e la loro volontà di fare tabula rasa spiana la strada agli estremi populisti e violenti.

Una riflessione cristiana
Che cosa può significare essere cristiani in questo contesto? Azzardo qualche proposta. Innanzitutto, è necessario evitare di cedere alle sirene populiste che mettono alla gogna le autorità elette democraticamente e fanno intravedere un “gran giorno” di destra o di sinistra. In secondo luogo, occorre fare attenzione a non identificare il regno di Dio con una tendenza politica, con un partito e ancor meno con un uomo della provvidenza: il voto dei cristiani e delle cristiane sarà sempre per un male minore, un voto per esclusione. L’ordine morale sostenuto da conservatori che difendono la famiglia non è migliore della “giustizia sociale” di persone di sinistra senza etica personale. Terzo, partecipare alla concertazione cittadina anche se è difficile da realizzare. E infine, promuovere, nelle nostre comunità, un dialogo rispettoso e pacato. Su tutti questi punti la scommessa non è ancora vinta e il lavoro da fare è ancora molto. (da Christ Seul; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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