La trasparenza è una virtù?

Richiesta in certi ambiti, inappropriata in altri, la trasparenza, sostiene il filosofo francese Frédéric Rognon, deve sempre essere accompagnata dal discernimento

13 gennaio 2019

(Frédéric Rognon) La trasparenza è richiesta in certi ambiti particolari: in un processo, in cui l’imputato e i testimoni sono tenuti a dire tutta la verità; nella contabilità di un’associazione, di un’azienda o di una nazione, in cui la mancanza di trasparenza viene rintracciata da istituzioni specializzate; infine in politica, dove chi governa assicura ai governati che la propria linea di condotta è all’insegna di trasparenza e autenticità e che perciò nulla viene loro nascosto.
Da questi tre esempi e secondo modalità diverse per ciascuno di essi è chiaro che esistono sempre strategie per aggirare la regola e che forse persino l’esaltazione dell’impegno alla trasparenza risulta essere una strategia più o meno consapevole per nascondere certe informazioni. Ma almeno c’è un consenso sul principio: queste persone devono dire tutto e si può perciò rimproverare loro ogni discrepanza tra il principio e la realtà.

Frédéric Rognon

Trasparenza esibizionista
Ci sono altri settori della vita in cui la trasparenza non è richiesta o nei quali è persino considerata generalmente un po’ esibizionista. Esigerla denota allora un comportamento abusivo. Tali settori sono tutti legati a quella che chiamiamo “vita privata”.
La filosofa Hannah Arendt si chiedeva con ironia di che cosa la vita privata fosse quindi “privata”. E la sua risposta era: è “privata” dello sguardo degli altri. Ovviamente questo è considerato come una protezione, un vantaggio e non come una “privazione”. A differenza della vita pubblica, la vita privata riguarda soltanto (e soprattutto è guardata soltanto da) le persone direttamente interessate. L’ammontare del vostro stipendio, la vostra vita sentimentale, le vostre opinioni politiche, le vostre credenze religiose: nessuno deve potervi estorcere informazioni inerenti a questi ambiti e voi siete liberi di divulgare oppure no questo o quel dato.

Hannah Arendt

È chiaro che questi limiti alla trasparenza sono relativi e cambiano da una cultura a un’altra: negli Stati Uniti è buona norma indicare le proprie entrate sui biglietti da visita e negli ambienti rurali ciò che i vicini pensano di voi è ancora importante. I confini della vita privata diventano davvero impermeabili soltanto con l’urbanizzazione e l’individualizzazione.

Internet e “big data”
L’ingresso nell’era delle nuove tecnologie, paradossalmente, ha risollevato la questione della trasparenza. Poiché l’ambizione di internet è di mettere a disposizione di tutti e costantemente i “big data” - ovvero, dati in quantità tale da sfiorare l’esaustività -, il rispetto della vita privata viene messo a repentaglio. Il “diritto all’oblio”, rivendicato da coloro che auspicano che non si frughi troppo nel loro passato, resta molto spesso una pia illusione. Molti giovani alimentano questa cultura della trasparenza, postando nelle reti sociali, sotto gli occhi di tutti, elementi della loro intimità. Blandiscono il proprio narcisismo mettendosi pubblicamente in scena. A volte cadono però nella loro stessa trappola, quando ciò che divulgano viene strumentalizzato da persone malintenzionate.

Una prospettiva cristiana
Che cosa può dire quindi la fede cristiana riguardo a questo imperativo della trasparenza? L’autenticità è evidentemente un valore evangelico: “Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio” (Matteo 5, 15); “Il vostro parlare sia: Sì, sì; no, no” (Matteo 5, 37). Tuttavia si tratta qui della fede e della speranza, che non devono essere nascoste. È fuori questione usare questi versetti per ostentare la vita privata. Il teologo Dietrich Bonhoeffer diceva che il cristiano deve la verità soltanto a Dio e a coloro che sono degni di ascoltarla. Per questo si sentì autorizzato a mentire alla Gestapo che l’interrogava, al fine di proteggere la propria famiglia.

Dietrich Bonhoeffer

Perfino all’interno della coppia il “giardino segreto” dell’altro deve essere rispettato: spetta a ciascuno valutare ciò che può dire e quando e come dirlo, anche al proprio coniuge. In fin dei conti i limiti della trasparenza sono una questione di discernimento. E il discernimento è una virtù cristiana per eccellenza. (da Réforme; trad. it. G. M. Schmitt; Frédéric Rognon, professore di filosofia a Strasburgo)

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