I simboli del Natale

L’abete, i doni, le candele e il presepe hanno davvero a che fare con la fede cristiana o riprendono tradizioni pagane? E dove collocare la nascita di Gesù in tutto questo?

25 dicembre 2018

Il primo “albero di Natale” apparve a Sélestat, in Alsazia, nel 1521. La sua origine è probabilmente da ricercare nelle tradizioni legate a "un albero sempreverde, simbolo della continuità e del rinnovamento perpetuo della natura”, sostiene Philippe Walter, docente dell’università Stendhal di Grenoble e direttore del Centro di ricerca sull’immaginario.

L'abete cristiano
Intorno alla metà del 19. secolo, le scuole domenicali protestanti fecero della “festa dell’albero” uno strumento pedagogico per insegnare ai bambini il significato del Natale. Lo scopo, secondo Anne Ruolt, insegnante all’Istituto biblico di Nogent, era quello di “attirare l’attenzione dei bambini facendo appello ai sentimenti e all’immaginario, al di là dell’intelletto”. Il riferimento era al Salmo 1, che descrive il credente come un albero “il cui fogliame non appassisce”.
Successivamente l’abete di Natale è giunto a simboleggiare l’albero della vita della Genesi, decorato con frutta vera. Secondo Michèle Clavier, docente di teologia all’università cattolica di Lilla, “in Alsazia vi si appendevano mele vere, divenute oggi le palle di Natale. La mela è un riferimento al frutto dell’albero della vita”.

Il presepe cattolico
Mentre l’abete di Natale ha origini protestanti, il presepe si richiama piuttosto a un simbolismo cattolico. Se ne attribuisce l’invenzione a san Francesco d’Assisi all’inizio del 13. secolo. “Si trattava di un presepe con personaggi viventi: Maria, il Bambino Gesù, i pastori, i Re Magi ecc.”, spiega Philippe Walter. San Francesco voleva dare ai fedeli un’immagine viva del mistero della Natività per colpire la loro immaginazione ed essere vicino ai loro riferimenti contadini con l’asino e il bue, sconosciuti ai Vangeli canonici”. Secondo Michèle Clavier “queste rappresentazioni popolari hanno in seguito conosciuto una rapida diffusione in seno a una popolazione che non sapeva leggere”. Proprio come le vetrate, i presepi dovevano essere una catechesi.

Un simbolo biblico
“Già nell’ebraismo vige l’uso della candela o del cero per accompagnare colui che veglia durante la notte", dice Michèle Clavier. Gesù, che era ebreo, si è basato sul simbolismo ben noto al suo popolo per affermare che egli era, da quel momento in poi, “la luce che non si spegne mai”.
Le candele sono allora state integrate nella scenografia della festa dell’albero delle scuole domenicali nel 19. secolo. “L’albero era illuminato per illustrare il versetto di Isaia poi ripreso nei Vangeli: ‘Su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte, la luce risplende’. Quella luce è Cristo”, commenta Anne Ruolt. La messa in scena era ricercata: prima di portare nella sala di culto l’abete illuminato si creava il buio assoluto, di modo che al suo ingresso la luce (Cristo) fosse abbagliante.

A Natale sul "Märlitram" (Segni dei Tempi RSI La1)

La corona d'avvento
Le candele si trovano sull’abete, ma anche sulla corona dell’avvento. Michèle Clavier ama “questo simbolo delle quattro settimane che precedono il Natale durante le quali la luce cresce a poco a poco, per abituare i nostri occhi alla luce che si avvicina. È il simbolo di Cristo, luce del mondo che viene incontro a noi”. La prima corona apparve ad Amburgo nel 1839, inventata dal pastore protestante Johann Hinrich Wichern, fondatore di una scuola per bambini svantaggiati. Voleva creare un’attività per contenere l’impazienza dei più turbolenti all’avvicinarsi del Natale: su una ruota di carro sistemò quattro grandi candele bianche e 24 candele piccole rosse da accendere una al giorno fino al giorno di Natale.

Doni di Natale
Secondo Philippe Walter “i doni cosiddetti ‘di Natale’ sono di fatto le strenne del 1. gennaio. L’usanza è ben attestata nell’impero romano. Gennaio è il mese di Giano, il dio con due volti: uno giovane e uno vecchio, figure del nuovo anno e del vecchio. I doni sono un rito di buon auspicio”. Nel Medioevo si attendeva tra Natale e l’Epifania la visita degli angeli dell’abbondanza. Ma fu nel 19. secolo che le scuole domenicali protestanti generalizzarono la consegna di premi a Natale per incoraggiare l’apprendimento dei bambini, secondo Anne Ruolt. I doni erano perciò “un segno di approvazione dato a tutti per il lavoro e gli sforzi compiuti. L’importante era la parola che li accompagnava, una parola di benedizione che doveva stimolare, incoraggiare e riconoscere il bambino nel suo progresso”, prosegue Anne Ruolt.
Oggi, secondo Michèle Clavier, il dono resta “un modo di esprimere l’affetto che si prova per qualcuno”. E, per non cadere nella trappola del consumismo, la teologa cattolica ricorda che “il dono più bello è ancora quello che non ha valore commerciale”. Ma soprattutto, “da un punto di vista cristiano, è Gesù il dono di Dio all'umanità”. (da Réforme; trad. it G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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