La spiritualità di Nelson Mandela

L'educazione cristiana è stata, per il leader sudafricano, un'importante fonte di ispirazione, ma le idee filosofiche di Madiba devono molto anche alle sue radici africane

08 dicembre 2018

(Bénédicte Lutaud) “Apostolo della disobbedienza civile”, “profeta”, “uomo di pace”: è in questi termini che il mondo intero ha reso omaggio a Nelson Mandela, simbolo della lotta contro l’apartheid, in occasione della sua morte, il 5 dicembre 2013, all’età di 95 anni. Tuttavia Madiba [nome del clan dell’etnia Xhosa da cui proveniva, ndr. ] diceva di sé che non era “né un santo né un profeta”. Non amava essere presentato come “una sorta di semidio” e preferiva definirsi un “uomo come gli altri, un peccatore che cerca di migliorarsi”.

Una fede nascosta
“Peccatore”. Questa parola non tradisce forse un’influenza cristiana? Da dove arriva quest’umiltà? Com’è riuscito, dopo aver trascorso 27 anni in carcere, a perdonare i propri persecutori?
A Nelson Mandela non piaceva parlare della sua fede. Per pudore, probabilmente, ma anche per convinzione. “Fai sempre della religione una questione privata, riservata a te stessa. Non importunare gli altri con la tua religione e altre convinzioni personali”, raccomanda a sua figlia in una lettera del 21 dicembre 1978 spedita dal carcere di Robben Island.

Nelson "Madiba" Mandela

Madiba diffida anche della religione eretta a ideologia: “La religione, e in particolare la credenza nell’esistenza di un Essere supremo, è sempre stata un motivo di controversia che lacera le nazioni e persino le famiglie”, spiega in un'intervista rilasciata nel 1988. “È sempre meglio considerare la relazione tra un individuo e il suo Dio come un affare rigorosamente privato, una questione di fede e non di logica. Nessuno ha il diritto di imporre agli altri ciò in cui devono credere o no”.

Dio e i massmedia
Per tutta la sua vita Mandela adotterà questo atteggiamento di riserva che lo caratterizzerà anche dopo l'elezione alla presidenza del Sudafrica. Nel 1995, intervistato da “L’Express”, risponde laconico al giornalista che lo interroga sul ruolo della sua fede cristiana nella lotta contro l’apartheid: “La relazione tra un uomo e il suo Dio è un soggetto estremamente privato, che non riguarda i mass media”. Tuttavia, se si sa leggere tra le righe nelle sue biografie, nei suoi scritti e nelle sue confidenze, non può esservi dubbio alcuno: Nelson Mandela era un uomo di fede. Fede nell’uomo, nell’universale, ma anche in un certo numero di valori, derivanti da una duplice eredità: la sua educazione cristiana e le sue radici africane, impregnate della filosofia umanista “ubuntu”.

Il Sudafrica oltre l'apartheid (Segni dei Tempi RSI La1)

Un cristiano discreto
Nelson Mandela viene battezzato in una chiesa metodista e riceve un’istruzione nelle scuole della Wesleyan Church (Chiesa separatasi dalla Chiesa metodista nel 1875). A Fort Hare, uno di questi istituti, è membro di un’organizzazione studentesca cristiana. La domenica tiene corsi biblici. Nel corso del suo soggiorno in carcere partecipa “ancora a tutte le funzioni in chiesa”, scrive nel 1977, e “apprezza alcuni sermoni”. Nel 1993 ritorna su quel periodo nella sua corrispondenza con l’ex militante antiapartheid Ahmed Kathrada: “Condividere il sacramento (dell’eucaristia) che fa parte della tradizione della mia chiesa, era importante per me. Mi procurava sollievo e calma interiore. Uscendo dalle funzioni ero un uomo nuovo”. E aggiunge: “Non ho mai abbandonato le mie credenze cristiane”.

Nessuno ha il diritto di imporre agli altri ciò in cui devono credere o no

Fede e politica
Questa relazione intima con il cristianesimo ispirò chiaramente i suoi ideali e la sua lotta politica. Tra il 1992 e il 1994 Mandela diceva: “La buona notizia del nostro Messia è che non ha scelto un unico paese o un’unica lingua, ma tutta l’umanità. Il nostro Messia è nato in una stalla, come un emarginato, un reietto […]”. Inoltre è particolarmente grato per l’impegno della Chiesa nella lotta contro la segregazione razziale: “Le organizzazioni religiose hanno svolto un ruolo fondamentale nel mostrare che cos’era realmente l’apartheid: un’impostura e un’eresia”. Ma la cosa più interessante è probabilmente la sua amicizia con l’arcivescovo di Città del Capo, Desmond Tutu. Al contempo sacerdote, diplomatico e attivista politico, Desmond Tutu raccomandava una “teologia della riconciliazione”. È con lui che nel 1995 Nelson Mandela istituisce la Commissione verità e riconciliazione, che proponeva l’amnistia per gli autori di atrocità durante l’apartheid a condizione che rivelassero la verità concernente le loro malefatte e che la motivazione dietro i crimini fosse politica. “La Chiesa con il suo messaggio di perdono ha un ruolo importante da svolgere nella riconciliazione nazionale”, sottolinea del resto Mandela nel 1999.

Desmond Tutu

Umano grazie agli altri uomini
La spiritualità di Nelson Mandela non può tuttavia essere letta soltanto attraverso il prisma del cristianesimo. Un’altra saggezza ha notevolmente ispirato la sua lotta politica: la filosofia ubuntu. Sinonimo di solidarietà umana e di fraternità, significa: “Esisto perché noi esistiamo”.
È a partire  da questa nozione che il leader sudafricano fonda la sua visione di un’umanità che evolve verso una società multirazziale e democratica. “Lo spirito di ubuntu - quest’idea molto africana secondo la quale siamo umani soltanto grazie all’umanità altrui”, ha detto l’11 luglio 1997 durante una conferenza presso il centro di studi islamici di Oxford, “ha contribuito notevolmente al nostro desiderio universale di un mondo migliore”. Non sono “io” da solo che posso scoprire “me stesso”, ma siamo “noi insieme” che possiamo imparare a conoscere e ad apprezzare rispettosamente “gli altri” e “noi stessi”.

La filosofia ubuntu
Ubuntu è una filosofia umanista africana vicina alle nozioni di solidarietà umana e di dipendenza reciproca. Se il talento e il valore di ogni individuo sono riconosciuti, devono servire l’interesse comune. Il termine proviene dalle lingue africane bantu. Ubu significa “ciò che avvolge, l’unità”, “essere”. Ntu rimanda all’azione dello sviluppare, del divenire. Ubuntu si traduce con: “Sono quello che sono grazie a quello che tutti siamo”. In Africa questa filosofia è molto conosciuta. È persino ripresa esplicitamente nella Costituzione sudafricana. In Ruanda è attorno a questo concetto che si è costruito il processo di riconciliazione, dopo il genocidio tra hutu e tutsi.

Una saggezza universale
Radicata tanto nella filosofia ubuntu quanto nel cristianesimo, la spiritualità di Mandela si trasforma a poco a poco in una saggezza più universale. Molto presto il suo incontro con il marxismo, fa notare il giornalista Laurent Larcher, gli apre un nuovo orizzonte: “Noi che siamo cresciuti in case religiose e che abbiamo studiato nelle scuole missionarie, abbiamo fatto l’esperienza di un profondo conflitto spirituale quando […] ci siamo resi conto che tra coloro che trattavano la nostra fede come oppio c’erano intellettuali la cui integrità e il cui amore per gli esseri umani non lasciavano adito a dubbio alcuno”, scrive nel 1977 a Fatima Meer, militante contro l’apartheid.
A partire da questo periodo si emancipa dall’appartenenza a una sola religione, per lasciare il posto a una riflessione più personale che abbraccia diverse saggezze: “Ovviamente ero battezzato nella Chiesa wesleyana […]. Le sono rimasto fedele, ma le mie concezioni hanno manifestato la tendenza ad espandersi e a vedere con favore l’unità religiosa”, confida nel 1977. Lo stesso anno fa la seguente confessione: "Ho le mie convinzioni in quanto all’esistenza o no di un Essere supremo”.

Luther King e Gandhi
Nel 1994 palesa ancora il medesimo distacco: “Non sono particolarmente religioso o spirituale. Diciamo che m’interesso a ogni tentativo volto a scoprire il senso della vita”. Nelson Mandela attinge la sua ispirazione da diverse fonti.

Grande ammiratore di Martin Luther King e di Gandhi, li cita regolarmente per meglio promuovere la nonviolenza attiva e la responsabilità morale di prendere le distanze dalle leggi ingiuste. Si interessa inoltre a Laurien Ntezimana, teologo laico del Ruanda che dopo il genocidio del 1994 prende l’iniziativa di creare un centro per la pace e la riconciliazione. Nelson Mandela ne è convinto: se la fede è un affare privato, le religioni hanno invece un ruolo da svolgere nella società. Nel 1997 afferma: “Abbiamo bisogno che le istituzioni religiose continuino a essere la coscienza della società, il custode della morale e degli interessi dei deboli e degli oppressi. Abbiamo bisogno che le organizzazioni religiose partecipino alla società civile mobilitata per la giustizia e la protezione dei diritti umani”. (da Le Monde des religions; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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