Glencore non è sostenibile?

Standard minimi non rispettati: lo afferma l’ultimo rapporto di “Pane per tutti” e “Sacrificio quaresimale” sull’attività della multinazionale svizzera nella Repubblica Democratica del Congo

04 dicembre 2018

(Gaëlle Courtens) Metalli pesanti rilasciati nei fiumi, inquinamento dell’aria, violazione dei diritti umani e strategia di ottimizzazione fiscale fortemente sfavorevole: l’impatto sociale e ambientale della multinazionale svizzera Glencore, che nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) gestisce miniere di rame e cobalto, è ancora troppo elevato. Lo dice il quarto rapporto delle due organizzazioni no-profit “Pane per tutti” e “Sacrificio quaresimale”, evangelica la prima e cattolica la seconda.

Risultati insufficienti
Pubblicato lo scorso 27 novembre, il rapporto rileva tuttavia alcuni miglioramenti rispetto agli anni passati, ma non sufficienti per rientrare negli standard minimi sui diritti umani e la protezione ambientale. In particolare le due organizzazioni hanno analizzato i seguenti aspetti misurandone la sostenibilità: relazioni con la comunità, accesso all'acqua, diritto alla salute, diritto al cibo e reddito, programmi di responsabilità sociale, aspetti fiscali e problematiche legate alla corruzione. Le ricerche sono state condotte da partner locali - l'Osservatorio africano per le risorse naturali (AFREWATCH) e il Centro di assistenza legale (CAJJ) - ma hanno anche coinvolto degli esperti svizzeri recatisi in loco.
L’inquinamento del suolo che mette a rischio l'accesso al cibo per le popolazioni vicine alle miniere, o la polvere alzata dai camion che causa molte malattie respiratorie tra le popolazioni che vivono in prossimità delle vie di transito, ma anche la mancanza di informazioni trasmesse alla popolazione locale, sono solo alcuni esempi delle disfunzioni osservate.

Servono misure vincolanti
Per “Pane per tutti” e “Sacrificio quaresimale” questo caso dimostra ancora una volta come le misure volontarie a favore del rispetto dei diritti umani e dell’ambiente da parte di aziende svizzere operanti all’estero non siano sufficienti. "I problemi esistenti sono spesso affrontati con esitazione e non ci sono abbastanza misure preventive per evitare casi futuri. I regolamenti vincolanti per le società svizzere attive a livello internazionale, come previsto dall'’Iniziativa multinazionali responsabili’, sono quindi assolutamente necessari", affermano le due organizzazioni.

La risposta di Glencore
Secondo l’Agenzia giornalistica svizzera romanda ProtestInfo, Glencore avrebbe reagito al rapporto rispondendo: “Siamo presenti nella RDC dal 2008 e ci impegniamo ad aiutare il Paese a raggiungere una crescita economica sostenibile. Supportiamo le imprese locali, forniamo entrate sostanziali ai governi locali, regionali e nazionali e contribuiamo allo sviluppo delle infrastrutture locali. I nostri progetti di investimento sociale supportano l'istruzione, i programmi infrastrutturali, la salute e l'istruzione nel campo dell'acqua”. Negli ultimi 10 anni avrebbe effettuato investimenti di oltre 6,5 miliardi di dollari per migliorare le proprie capacità operative e garantire un futuro a lungo termine alle filiali KCC e MUMI, sottolineando che la quasi totalità dei loro posti di lavoro è occupata da congolesi. A quali condizioni non è dato sapere.

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