Le religioni e il voto americano

Le midterm elections portano cattive notizie ai repubblicani: l’America protestante è forse al tramonto

09 novembre 2018

(ve) Non c’è elezione statunitense che non abbia anche implicazioni di ordine religioso: riproponiamo un’analisi a caldo delle elezioni di metà mandato del 6 novembre di Mark Silk, direttore del Greenberg Center per lo studio della religione nella vita pubblica al Trinity College, pubblicata dall’agenzia Religion News Service, che intravede la fine del dominio WASP (White Anglo-Saxon Protestant).

(Mark Silk) Da una rapida e sommaria lettura dei primi risultati elettorali sembrerebbe che dal punto di vista del panorama religioso, dopo il voto delle midterms, gli Stati Uniti non possano più chiamarsi un paese a maggioranza protestante.

Il voto evangelico
Non sorprende il fatto che gli evangelicali bianchi, quelli su cui tutti, dalla Casa Bianca in giù, si sono concentrati negli ultimi due anni, si siano schierati al 75% per i loro rispettivi candidati repubblicani in corsa per la Camera, mentre il 22% ha votato per quelli democratici. Rispetto alle elezioni di midterm del 2014, il divario è di cinque punti percentuali al ribasso per i repubblicani, ma si mantiene nei limiti.

Gli evangelici bianchi costituiscono il 26% dell'elettorato. Ricordiamo che nel 2016, quando hanno preferito Donald Trump a Hillary Clinton, l’80% aveva votato per il primo, e il 16% per la seconda. Tutto sommato, costituiscono un quarto dell'elettorato, che in questa tornata ha votato appena un po’ meno repubblicano.

Protestanti in calo
Nel complesso, i cristiani non cattolici (protestanti e altri) hanno preferito i repubblicani ai democratici con un margine di 14 punti percentuali: 56% contro 42%. Rispetto al 2014, siamo di fronte ad un margine che si è quasi dimezzato (61% contro 37%).
Ma per la prima volta nella storia americana, i protestanti (tutti) hanno rappresentato meno della metà dell'elettorato, e cioè il 47%.

Il voto cattolico
I cattolici hanno preferito i candidati democratici, ma con un margine tra i più esili: il 50% ha votato democratico, contro il 49%, che ha votato repubblicano. Questo rappresenta un cambiamento significativo rispetto al 2014: allora furono a favore dei repubblicani nel 54% dei casi, mentre il 45% votò democratico. In questa tornata è anche aumentato di due punti percentuali il numero dei cattolici recatisi alle urne. Il 6 novembre scorso hanno rappresentato il 26% dell’intero elettorato. Questi cambiamenti potrebbero riflettere la maggiore affluenza al voto degli ispanici, che tendenzialmente si collocano in campo democratico.

Sorprende il voto ebraico
Sotto un profilo dell’analisi religiosa del voto, qualche sorpresa potrebbe emergere dall'analisi delle scelte dell'elettorato ebraico. Nel 2014, gli ebrei hanno votato con una proporzione di 2-1 a favore di candidati democratici alla Camera, un margine piuttosto basso, che forse rifletteva l'insoddisfazione relativa alla posizione del Presidente Barack Obama su Israele. Martedì scorso, gli ebrei hanno scelto il voto democratico con una proporzione di 4-1 (79% contro 17%), dimostrando come l'abbraccio di Trump per Israele non sia stato sufficiente a controbilanciare altri punti, controversi, della sua agenda politica.

Molto probabilmente, l'aumento del margine è stata anche una reazione al recente massacro di Pittsburgh, che, insieme alle minacce ai politici democratici che si sono visti recapitare dei pacchi-bomba, ha messo in guardia l’elettorato ebraico, che teme il risorgente antisemitismo di destra - un pericolo che, seppure non presente in quanto tale all’interno del partito repubblicano, ha tuttavia trovato un humus nel nazionalismo bianco trumpiano.

Nones e non credenti
Infine, ci sono coloro che si identificano come appartenenti a nessuna religione, noti come “nones”. Hanno votato al 70% per i democratici, contro il 28%, una percentuale praticamente invariata rispetto al 2014 (69%-29%). Significativamente tuttavia, la loro percentuale sull’intero elettorato è costantemente aumentata nelle ultime tre elezioni nazionali, dal 12% nel 2014 al 15% nel 2016 al 17% quest'anno.
Poi ci sono i credenti secolarizzati, coloro che dicono di non frequentare mai servizi religiosi: il 68% ha votato per i democratici contro il 30%, che ha preferito i repubblicani. Nel 2014 erano ancora il 62% contro il 36%. Come per i nones, la loro porzione sull'intero elettorato sta crescendo dal 18% nel 2014 al 22% nel 2016 al 27% quest'anno.

Credenti osservanti
Nel frattempo, gli elettori che dicono di frequentare i servizi religiosi settimanalmente hanno favorito i repubblicani nel 58% dei casi, contro il 40%, mantenendo saldo il divario dei 20 punti, confermando la tendenza verificatasi anche nelle scorse tornate elettorali già a partire dall’anno 2000. Ma si è ridotta la loro proporzione di elettorato calando dal 40% nel 2014 al 32% nel 2018.
Alla luce di questi numeri e dei trend che si stanno delineando sul fronte religioso negli Stati Uniti, è possibile intanto trarre una prima conclusione: repubblicani, attenti a voi. (RNS; trad. G. Courtens)

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