La profonda spaccatura del mondo ortodosso

Cosa c’è dietro lo scisma tra la chiesa ortodossa russa e quella ucraina?

06 novembre 2018  |  Henry Tincq

L’ortodossia, galassia cristiana con oltre 250 milioni di fedeli, si sta bruscamente risvegliando dal suo sonno nell’est dell’Europa. Mosca e Costantinopoli, i due patriarcati storici, litigano a proposito della situazione religiosa in Ucraina.
Ma in Ucraina religione e politica sono spesso una cosa sola e dietro quella che ha tutta l’aria di una semplice “guerra di campanili” si celano in realtà questioni di portata storica e simbolica. È in gioco il destino di queste chiese ortodosse, perseguitate in passato dal regime sovietico e tornate ad avere una grande influenza. Ed è in gioco quel che sarà della potente ortodossia russa, braccio destro religioso di Vladimir Putin nella sua impresa di riarmo morale e di espansione esterna.
Il patriarca di Costantinopoli, primato d’onore dell’ortodossia mondiale, ha appena dunque riconosciuto l’autocefalia (indipendenza canonica) della chiesa ortodossa ucraina. Che cosa significa?

Euromaidan, Kiev 2014

Polveriera religiosa d’Europa
Paese combattuto da secoli tra l’ortodossia russa e l’Occidente cattolico, l’Ucraina è un patchwork di confessioni rivali e concorrenti. Dopo il crollo del comunismo è diventata una delle polveriere religiose d’Europa, al centro degli scontri tra pro-russi e pro-europei.
L’essenza dell’attuale discordia oppone, da un lato, la chiesa ortodossa del “patriarcato di Mosca”, dipendenza diretta della Russia, e, dall’altro lato, la cosiddetta chiesa ortodossa dissidente del “patriarcato di Kiev” che, fin dall’indipendenza nel 1991 (quando ruppe con l’ortodossia russa), lotta strenuamente per liberare il paese da ogni influenza di Mosca e avvicinarlo all’Unione europea. Sostiene il presidente antirusso Petro Poroshenko così come nel 2004 aveva sostenuto la “rivoluzione arancione” e nel 2014 le rivolte di piazza Maïdan. È questa la chiesa indipendente che è appena stata riconosciuta dal patriarcato di Costantinopoli. Per il patriarcato di Mosca e per il Cremlino ciò equivale a un tradimento senza precedenti.

Petro Poroshenko

Siamo di fronte ad una “guerra” quasi trentennale combattuta da Mosca contro questa chiesa dissidente del patriarcato di Kiev che ha rilevato gran parte del clero, dei fedeli, delle finanze e degli edifici ecclesiastici della chiesa ufficiale. Dalla fine dell’Unione sovietica la rinascente Chiesa ortodossa russa (oltre 100 milioni di fedeli, vale a dire un terzo degli ortodossi di tutto il mondo) si contende ferocemente con il patriarcato di Costantinopoli il dominio storico sull’ortodossia mondiale, anche se il patriarcato di Costantinopoli (Istanbul) continua a indebolirsi. Il suo patriarca è quasi prigioniero della Turchia in un palazzo di Istanbul, megalopoli musulmana a cavallo tra Europa e Asia in cui restano ormai soltanto pochi cristiani greco-ortodossi. Mosca detiene la forza numerica e politica.

Culla del cristianesimo russo
È in Ucraina che è nato il cristianesimo slavo. Nel 988 il principe Vladimir di Kiev si fece battezzare nelle acque del Dnepr ed evangelizzò l’antica Russia. È un atto fondatore celebrato ancora oggi tanto in Russia quanto in Ucraina. Da allora è stata sballottata tra l’egemonia russa a est e l’influenza delle potenze a ovest che hanno dominato il centro del continente europeo.

L’Ucraina è un patchwork di confessioni rivali e concorrenti

Quando, alla fine del XVI secolo, le forze occidentali e i papi di Roma riuscirono a riconquistare i territori ortodossi e a fare con loro un’“unione” (in occasione del trattato di Brest-Litovsk (1596), atto di nascita della chiesa greco-cattolica), ebbero inizio quattro secoli di violenti scontri tra ortodossi e cattolici. Questa riconquista cattolica delle terre ortodosse dell’est europeo e dei Balcani (ci sono chiese greco-cattoliche anche in Romania, in Slovacchia, al confine orientale della Polonia) è rimasta come una scheggia nella memoria ortodossa. Fino a oggi. I papi di Roma Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco non hanno mai potuto recarsi a Mosca.

Una ferita nel cuore della Russia
Oggi è lo stesso campo ortodosso ad essere spaccato e questo dal crollo dell’Unione sovietica e dall’indipendenza dell’Ucraina. Tra la chiesa ortodossa ufficiale, cinghia di trasmissione della Russia, e la chiesa dissidente, nazionalista e antirussa - diretta dal contestatissimo patriarca ottantanovenne Filarete, fino a ieri non riconosciuto dal resto dell’ortodossia mondiale - c’è ormai una guerra ai ferri corti.

Vladimir Putin e il patriarca Kirill

La visione religiosa del patriarca di Mosca Kirill coincide con la visione geopolitica, nazionalista e antioccidentale di Putin. Il patriarcato di Mosca è l’unica istituzione ad aver mantenuto i confini dell’ex Stato sovietico: ha 100 milioni di fedeli in Russia, 30 milioni in Ucraina, 10 milioni in Bielorussia, 4 milioni negli Stati baltici. La perdita dell’Ucraina sarebbe una ferita nel cuore religioso della Russia.
Vladimir Putin e l’attuale patriarca di Mosca Kirill condividono una visione dell’ortodossia come fermento della “civiltà russa” di fronte alla decadenza europea e occidentale. Come dire che Mosca non è disposta a cedere nemmeno una briciola della sua leadership sull’Ucraina, promossa al rango di custode dei confini spirituali e dei valori della vecchia e santa Russia. (da slate.fr; trad. G.M. Schmitt; adat. G. Courtens)

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