Il ruolo dei riti religiosi

Cristianesimo, ebraismo e islam conoscono vari riti che caratterizzano la vita dei fedeli. Ma qual è il loro significato profondo?

21 ottobre 2018

Il pastore e teologo Jean-Claude Basset, impegnato nel dialogo interreligioso, ritiene che i riti delle varie religioni siano espressioni della fede, ma anche dell'agire dei credenti nel mondo.

Tra le giovani generazioni si nota un parziale ritorno ai rituali religiosi. Come si spiega questo fenomeno?
Interpreto questo ritorno come un modo per cercare punti di riferimento. Dietro questo fenomeno si nasconde “il” grande interrogativo del nostro tempo: come superare il positivismo scientista? Certo, c’è anche un fenomeno di razionalizzazione di certi riti tra i credenti. Ma c'è anche la consapevolezza che l’essere umano non si realizza soltanto sul piano materiale. La questione è quella del ruolo della ragione rispetto alla fede e la ricerca dell’espressione di una dimensione spirituale diffusa dell’esistenza umana. La tensione è reale, si tratta di due dinamiche differenti, l’una non sostituisce l’altra, ma la complementarietà non è ovvia.

Analizzando i riti delle varie tradizioni religiose, lei insiste sull’importanza di non rinchiudere i credenti in compartimenti stagni. Perché?
Perché da una tradizione religiosa a un’altra il cursore si sposta parecchio. Basti pensare alle tensioni tra ortodossi, conservatori e liberali nell’ebraismo, o tra sunniti, sciiti, salafiti e sufi nell’islam o tra pentecostali, evangelicali, riformati o luterani nel protestantesimo. Sarebbe riduttivo e parziale operare separazioni nette. Il cristianesimo risponde di più alla domanda: che cosa bisogna credere? Mentre l’ebraismo e l’islam rispondono alla domanda: che cosa bisogna fare?

È per questo che la pratica è più forte nell'ebraismo e nell'islam?
È un dato di fatto. Per un musulmano il cuore della pratica sta nella professione di fede, nella preghiera, nel digiuno del ramadan, nell’elemosina e nel pellegrinaggio. C’è anche tutto un islam popolare in cui si visitano i cimiteri e si aspetta la baraka, una benedizione nella vita quotidiana.
Tra gli ebrei il rituale riveste una grande importanza, dalla nascita alla morte, e anche il modo di mangiare, poiché i più ortodossi si spingono fino a possedere due batterie di stoviglie. I vincoli sono reali e il rito implica questa dimensione. Ma questo è l’obiettivo. Nell’ebraismo si è assistito molto presto a una tensione e a una contestazione da parte dei profeti del rituale svuotato del suo significato. Da un lato c’era il polo del tempio con i sacerdoti e i sacrifici, dall’altro l’idea secondo la quale ciò che Dio vuole non sono offerte, ma un cuore puro, azioni e un impegno etico, idea che verrà ripresa da Gesù.

Come spiegare la continuità dei rituali ebraici e la loro trasmissione fino ai giorni nostri?
La nozione di popolo è forte. È ciò che ha permesso agli ebrei di sopravvivere malgrado una storia costellata di difficoltà. Il rito è uno degli elementi che ha permesso di preservare la fede ebraica. L’altro elemento chiave risiede negli obblighi imposti alla minoranza ebraica nel mondo musulmano e cristiano. L’antisemitismo rafforza la pratica religiosa.
Per quanto riguarda l'islam, una parte dei musulmani auspica un ritorno a pratiche rigorose che si spingono fino all’indossare gli stessi abiti del Profeta. Di fronte alla globalizzazione alcuni rivendicano i principi che risalgono alle origini e a quello che viene da loro idealizzato come il vero islam. Tra i protestanti la trasmissione del patrimonio religioso non avviene attraverso i riti - che restano il punto debole di questa confessione -, ma mediante un atteggiamento mentale e valori che hanno permeato la società come la libertà di coscienza. I diritti umani sono quindi stati ampiamente influenzati dall’etica protestante.

Non c’è nelle pratiche degli uni e degli altri anche un fondo di ipocrisia?
L’ipocrisia si trova in tutte le tradizioni religiose. Ma bisogna riconoscere che il protestantesimo è più in sintonia con l’evoluzione della società. Così, dopo l’illuminismo e l’importanza attribuita alla ragione, l’aspetto miracolistico della religione si è attenuato e i pastori hanno cominciato a essere formati all’università. Anche il cattolicesimo ha seguito questa strada, ma l'ha imboccata più tardi. Con il passare del tempo c’è stato un allontanamento del divino. Per un numero crescente di cattolici, i rituali, se permangono, hanno più un valore simbolico che una vera efficacia. Non si crede più in un Dio che interviene a ogni piè sospinto nelle vicende umane. (da Réforme, intervista a cura di Fanny Bijaoui; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

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