Bollente estate campanello d'allarme

Estate 2018. Calura, siccità e milioni di franchi di danni nell’emisfero nord. Questo potrebbe, o dovrebbe, essere il punto di svolta nella presa di coscienza del cambiamento climatico. Anche in Svizzera.

30 ottobre 2018

Reuters Amit Dave

(Jürg Staudenmann) L’estate canicolare del 2018 ha messo in evidenza la vulnerabilità del nostro pianeta Terra. I media hanno dato ampio spazio alle informazioni riguardanti il caldo torrido, i corsi d’acqua prosciugati e la siccità persistente che ha messo in ginocchio anche l’industria agricola occidentale. Gli incendi catastrofici che hanno colpito la Grecia, la California e, per la prima volta, anche la regione del circolo polare svedese, hanno potuto essere seguiti quasi in diretta.

Ampio spazio della stampa
L’attenzione dei media si è concentrata su tre fenomeni: l’ampiezza dei differenti record meteorologici e degli eventi climatici estremi, la simultaneità di questi estremi e il fatto che questi ultimi avvenivano nell’emisfero nord. Per milioni e milioni d’abitanti dell’emisfero sud, i capricci meteorologici, rafforzati dal cambiamento climatico, sono una triste realtà ormai da anni. Ma le richieste d’aiuto delle comunità insulari del Pacifico, degli abitanti delle zone costiere asiatiche gravemente minacciate o le sofferenze silenziose delle contadine che praticano un’agricoltura di sussistenza nell’Africa subsahariana, non giungono quasi mai nelle nostre case. In futuro, saranno ascoltate maggiormente al nord, nei luoghi in cui si decide la politica climatica? È poco probabile: per quanto riguarda la Svizzera, ci ricorderemo dell’estate 2018 soprattutto per averci lasciato una gradevole gioia di vivere mediterranea.

La politica svizzera freme?
L’Unione svizzera dei contadini si fa sentire prima della fine delle vacanze estive. Dopo il freddo inverno del 2017, che ha distrutto considerevolmente la raccolta di frutta, le contadine e i contadini sudano sempre di più a causa del caldo record e dell’assenza di precipitazioni. I prati destinati allo sfalcio si trasformano in paesaggi mediterranei polverosi, il fieno per l’inverno dev’essere utilizzato come foraggio e non può essere conservato e, in qualche caso, bisogna persino abbattere d’urgenza il bestiame. L’appello a un aiuto d’emergenza dello Stato (attenuazione dei dazi sul fieno importato e sovvenzioni immediate), proveniente proprio dall’ala politica che finora ha rifiutato una politica climatica coerente, è eloquente.
La canicola lascia anche delle tracce nella prima seduta della Commissione dell’ambiente del Consiglio nazionale dopo la pausa estiva. Contraddicendo il progetto del Consiglio federale, la tassazione del cherosene e dei carburanti, ma anche il finanziamento delle misure d’adattamento ai cambiamenti climatici, all’improvviso non sono più un tabù. La ragione inizia ad avere il sopravvento sugli interessi della lobby del petrolio e dell’auto? Il suo tentativo di dare libero accesso, nel mercato svizzero, a dei SUV voraci di carburante anche nella nuova legge sul CO2 fallisce provvisoriamente. Ma la disillusione è dietro l’angolo: l’Ufficio federale delle strade (USTRA) fa sapere che sono necessarie delle nuove norme stradali, in altre parole delle strade più larghe, per il fatto che i veicoli sono sempre più grandi.

Miscela di ignoranza e opportunismo
Che l’estate canicolare contribuisca in futuro a far guardare la politica svizzera oltre i confini nazionali, e che il cambiamento climatico non sia solo percepito come un fenomeno dell’emisfero sud, resta per ora una pia illusione. È certo che il ricordo che gli svizzeri avranno dell’estate 2018 sarà contraddistinto dal fatto che le grigliate e i fuochi d’artificio sono stati vietati il 1° agosto, “malgrado lo splendido tempo estivo”. Ed è proprio questa miscela ben nota d’ignoranza e opportunismo che presto determinerà nuovamente le agende politiche (e numerose agende private).
In un colloquio con Dennis Bühler della Republik, l’oracolo politico Claude Longchamp profetizza che, prima delle elezioni parlamentari, il cambiamento politico farà fatica a imporsi di fronte ad altri temi, come le relazioni con l’UE, la riforma delle pensioni o l’imposizione delle imprese; a meno di non vivere nel 2019 “una ripetizione di quest’estate”. 

Differenze tra il nord e il sud
Vi è da sperare che la constatazione secondo la quale il commercio e la società debbano adattarsi all’inevitabile cambiamento climatico non renda attenti solo i ranghi dell’Unione svizzera dei contadini. Una constatazione che, va sottolineato, per delle società contadine dell’emisfero sud è diventato prioritario da molto tempo. Con la grande differenza che esse non possono contare su un aiuto statale d’emergenza e ancor meno su un sostegno sistematico nella loro lotta contro il cambiamento climatico.
È proprio per questo che l’Accordo di Parigi sul clima ha obbligato l’Occidente a mettere annualmente almeno 100 miliardi di dollari americani a disposizione del finanziamento climatico internazionale. Come sottolineato da Alliance Sud, da diversi anni, la partecipazione equa della Svizzera in quest’importo sfiora il miliardo di franchi all’anno. Esso equivale non solo alla nostra parte dell’1% dei redditi delle nazioni industrializzate, ma anche alla nostra impronta ecologica. Non è più ammissibile che i responsabili politici continuino a non preoccuparsi della responsabilità nazionale legata alle emissioni grigie, quasi due volte superiori, generate al di fuori delle frontiere svizzere dall’importazione dei nostri beni di consumo. È inoltre molto cinico considerare il finanziamento di misure contro le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico, perlopiù causato dall’Occidente, come un “affare dei paesi in via di sviluppo”. 

Misure di contenimento delle emissioni
Uno studio pubblicato a metà settembre da Alliance Sud ha analizzato diversi strumenti per la mobilitazione di risorse supplementari. La ricerca analizza nove approcci innovativi e giunge alla conclusione che il miliardo da mobilitare, da parte della Svizzera, nei termini dell’Accordo di Parigi sul clima, è plausibile e accettabile sul piano politico. In conformità con il principio del “chi inquina paga”, i costi possono essere ripartiti sui diversi produttori di CO2 attraverso una combinazione degli strumenti proposti. Questi ultimi attuerebbero dunque anche l’effetto incitativo desiderato.
Nel contesto dell’attuale revisione della legge sul CO2, lo studio sottopone alla discussione in particolare l’introduzione di una tassa sui biglietti d’aereo, nonché la sua estensione alla benzina e al diesel, una tassa sui certificati d’emissione esteri, l’aumento dell’imposta sugli oli minerali e la tassa di compensazione per le aziende esentate dalla tassa sul CO2.
In questi ultimi anni, la politica e l’amministrazione hanno espresso preoccupazioni sulla conformità al diritto costituzionale di alcuni degli strumenti di finanziamento presentati nello studio. Alliance Sud vi reagirà presto con la pubblicazione di un parere legale. (Alliance Sud; trad. it: Fabio Bossi).

Temi correlati

ambiente Svizzera

Articoli correlati