Musulmani senza voce in Svizzera

Pubblicati i risultati dalla ricerca sulla copertura mediatica dei musulmani in Svizzera. La Commissione federale contro il razzismo vede ampio margine di miglioramento

04 settembre 2018

(ve) I musulmani in Svizzera godono di buona stampa? Se lo è chiesto l’Istituto di ricerca fög (Forschungsinstitut Öffentlichkeit und Gesellschaft) dell’Università di Zurigo, che ha preso in esame un campione di articoli giornalistici pubblicati tra il 2009 e la prima metà del 2017 da 18 testate delle tre grandi regioni linguistiche. Lo studio intitolato «Qualità della copertura mediatica dei musulmani in Svizzera», pubblicato dalla Commissione federale contro il razzismo (CFR), è stato presentato ieri.

Informazione sbilanciata?
La ricerca del fög, a cura di Patrik Ettinger, mette in evidenza come la produzione giornalistica svizzera, quando tratta di questa minoranza religiosa, dia raramente la parola agli stessi musulmani: succede in più di un caso su due. Quando avviene, la parola è data soprattutto a chi difende posizioni estreme e controverse. Per quanto riguarda la quantità dei contributi, essa subisce un’impennata in presenza di attacchi terroristici nei paesi europei. E se fino al 2015 le tematiche trattate erano assai diversificate, c’è da notare come dopo quella data l’accento sia stato posto soprattutto su temi legati al terrorismo e alla radicalizzazione. Questioni come l’”integrazione riuscita” o la “quotidianità” dei musulmani sono presenti solo marginalmente.
Per analizzare la pluralità degli attori e degli argomenti trattati, Patrik Ettinger si è concentrato in particolare su tre casi di studio: "Il divieto di dissimulazione del volto in Ticino (la cosiddetta "legge anti-burqa)", "Il caso del rifiuto di stringere la mano di Therwil" (nella scuola media della cittadina basilese, due ragazzi hanno rifiutato di salutare una docente donna) e il "caso della moschea An’Nur di Winterthur" (rivelatasi una centrale di arruolamento di estremisti). Qui il ricercatore è giunto alla conclusione che tutto sommato è stata “relativamente diversificata” la presenza di persone a cui è stata data la parola.

Proseguire il dialogo
Ma non manca una copertura mediatica che “genera distanza”, come la definisce Ettinger; si tratta di un approccio problematico, soprattutto quando opera con generalizzazioni.
Sulla base dei risultati dello studio, la CFR ha annunciato di voler collaborare con i professionisti dell’informazione, non ultimo sul piano della prevenzione.
“Consapevole che la percezione delle minoranze in Svizzera è ampiamente influenzata dai media, la CFR intende proseguire il dialogo con gli organi d’informazione, ponendo l’accento in particolare sulla formazione di base e continua, e sulla responsabilità che hanno nella formazione dell’opinione e per il funzionamento di una società democratica”, si legge in una nota della CFR. (Gaëlle Courtens)

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