Corno d'Africa verso la pace

Etiopia ed Eritrea hanno firmato un trattato che riaccende la speranza di pace nella regione

07 agosto 2018

(ve) Dopo vent'anni di guerra, il premier etiope Abiy Ahmed, giovane presidente animato da forti convinzioni cristiane evangeliche, e il despota eritreo Issaias Afewerki, hanno inaugurato, lo scorso 11 luglio, un nuovo capitolo nella storia delle relazioni tra Eritrea ed Etiopia. I due leader hanno firmato, all'Asmara, un accordo di pace che sancisce l’inizio di una stretta cooperazione tra i due paesi, riconosce i confini, concede all’Etiopia uno sbocco al mare e permette la libertà di circolazione e comunicazione.

Issaias Afewerki

Speranza e realismo
“Questo accordo porta con sé una grande speranza per le comunità e le famiglie che hanno atteso a lungo la giustizia e la pace”, ha dichiarato il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), pastore Olav Fykse Tveit. Il quale ha tuttavia aggiunto: “Mentre osserviamo con gioia questo momento di pace, pensiamo alle decine di migliaia di persone uccise nel conflitto e preghiamo affinché la pace non sia solo nei titoli delle notizie, ma anche nella vita quotidiana delle persone".

Abiy Ahmed

Ripristino della democrazia
Il trattato di pace firmato all'Asmara non può che essere l’inizio di un lungo cammino per pacificare i due paesi e la stessa Eritrea, governata da un tiranno che in oltre vent'anni di regime ha sospeso la Costituzione, chiuso gli organi di informazione e l'università, imprigionato oppositori e dissidenti per motivi politici e religiosi, imposto il servizio militare illimitato da 17 a 50 anni ed espulso missionari e Ong sospettati di essere nemici dello Stato. L'Eritrea è oggi agli ultimi posti nelle classifiche mondiali di sviluppo e libertà. Mussie Zerai, il "prete dei migranti", egli stesso profugo eritreo, ha affermato che serve un processo di riconciliazione nazionale che permetta a tutti di tornare e ricostruire il paese. Ma per fare questo occorrerà il ripristino della Costituzione, il ritorno alla democrazia e nuove elezioni.

Reazioni in Svizzera
L'annuncio della firma del trattato di pace ha riacceso in Svizzera il dibattito sull'accoglienza dei profughi eritrei. È arrivato il momento di negoziare un accordo sulla migrazione e di rimpatriare gli eritrei che vivono in Svizzera, ha affermato Toni Locher, console onorario eritreo e amico del despota Issaias Afewerki. Locher parte dal principio che il governo eritreo ridurrà il servizio militare illimitato a 18 mesi e che nel paese si assisterà a una distensione in politica interna e a una ripresa economica.
L’Organizzazione svizzera per l’aiuto ai rifugiati (OSAR) ritiene che l’euforia che prevale nei media e negli ambienti politici elvetici riguardo al futuro della politica interna dell’Eritrea sia prematura. L’Eritrea è e resta per il momento uno Stato monopartitico in cui tutto il potere è concentrato nella persona del presidente Afewerki.

Anche la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) e il Tribunale amministrativo federale (TAF) riconoscono che, a causa della situazione inadeguata a livello di informazioni, mancano fonti essenziali su temi rilevanti per la prassi in materia d’asilo.
Il trattato di pace è dunque un primo, incoraggiante passo, di un cammino che però è ancora tutto da tracciare e da percorrere. (Paolo Tognina)

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