Armi svizzere a paesi in guerra?

Critiche al governo elvetico da parte di 153 pastore e pastori per la decisione di allentare le norme relative al commercio di materiale bellico

16 luglio 2018

(ve/nev) Con una lettera aperta pubblicata martedì scorso sulla "Neue Zürcher Zeitung", 153 pastori e pastore della Chiesa riformata del Canton Zurigo hanno criticato il Consiglio federale per la recente decisione di allentare le norme relative al commercio di materiale bellico.

Armi ai paesi in guerra
Con le nuove disposizioni sarà infatti possibile esportare armi svizzere anche in paesi nei quali è in corso una guerra civile - a condizione, si specifica, che ci siano garanzie che quelle armi non vengano utilizzate nel conflitto. Una misura che secondo i pastori e le pastore firmatarie dell'appello, preoccupa sul fronte umanitario e di politica estera e viola "i valori cristiani". Rifacendosi poi al patrimonio della Riforma svizzera, ricordano come il riformatore di Zurigo Ulrich Zwingli abolì la pratica del servizio militare mercenario e contenne l’economia di guerra.

A chiedere al governo elvetico di tornare sui propri passi relativamente all’allentamento delle disposizioni sul commercio delle armi, anche l’associazione delle Donne evangeliche in Svizzera: "È insopportabile che il Consiglio federale ponga gli interessi economici al di sopra delle sofferenze delle persone", hanno affermato in una presa di posizione.

Critiche cattoliche
"No ad un’economia che uccide", ha detto per parte sua la Commissione Justitia et Pax della Conferenza dei vescovi svizzeri. Dicendosi profondamente delusa dal governo accusa: "Così la Svizzera perde la sua credibilità. Non è possibile che uno dei paesi più ricchi del mondo non sia in grado di trovare altre modalità per rafforzare la propria economia".

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