Nel crepuscolo siriano

Bashar al-Assad resta l'attore più potente nel conflitto siriano. A dispetto delle sconfitte subite dal regime, i suoi alleati iraniano e russo continuano a sostenerlo

02 giugno 2015

Le difficoltà politiche, finanziarie e militari del regime di Bashar al-Assad non sembrano scalfire più di tanto il suo potere. Intervista con Aron Lund, redattore capo di "Syria in Crisis", pubblicato dalla Fondazione Carnegie per la pace internazionale.

Il regime di Damasco sta crollando?
Il regime si trova in una situazione molto difficile per diverse ragioni. Bashar al-Assad non ha più il denaro che aveva all'inizio del conflitto. Il corso della lira siriana è in caduta libera, le riserve valutarie mancano. Il canale televisivo filogovernativo Addounia ha recentemente lanciato un appello ai siriani all'estero per incitarli ad acquistare valuta siriana per sostenere il regime.
Dalla fine dell'estate 2014 il prezzo del carburante è aumentato. Il governo non può più sovvenzionare come prima il prezzo delle derrate di base come l'olio o la farina. È un problema grave, perché circa due terzi della popolazione siriana vivono nella zona controllata dal governo. Avrebbe difficoltà a contenere una crisi sociale.
Anche l'approvvigionamento di petrolio diventa problematico. Il governo controlla sempre la raffineria di Banias sulla costa, ma il petrolio pagato dall'Iran e fornito dall'Iraq è sempre più raro.

Il sostegno dell'Iran sembra perdurare...
Nel corso di una recente visita a Damasco di Ali Akbar Velayati, consigliere per la politica estera della Guida suprema iraniana Ali Khamenei, è stata conclusa una serie di accordi commerciali e industriali, in particolare nei settori del petrolio e dell'elettricità. Dal 2011 l'Iran ha accordato delle linee di credito al regime per pagare le importazioni, ma sembra che questa volta il governo siriano non sia riuscito a ottenere le stesse condizioni.
Se a questo aggiungiamo le difficoltà incontrate dal regime nel reclutamento delle truppe, regolari e non regolari, le informazioni sulla morte ad aprile del capo dell'intelligence Rustum Ghazaleh e le voci, non confermate, sulla malattia e gli arresti domiciliari del generale Ali Mamlouk, capo della sicurezza nazionale, potremmo considerare imminente il crollo del regime.
In realtà Bashar al-Assad resta l'attore più potente nella guerra, i suoi alleati continuano a sostenerlo e i suoi oppositori sono troppo debolmente organizzati per dirigere il paese.

I sostenitori dell'opposizione nella regione: Arabia Saudita, Qatar e Turchia, sembrano aver messo da parte i loro contrasti per coordinarsi in modo più efficace. Questo può cambiare le cose?
Bisogna vedere se questa unità sarà duratura. La coalizione di gruppi armati islamisti sostenuti da questi paesi non è riuscita ad arrestare l'avanzata di Daesh. Peraltro il Fronte al-Nusra (2) ha guadagnato punti nel nord-ovest della Siria, in particolare nella provincia di Idlib e nelle zone occidentali della provincia di Aleppo, contro altri gruppi armati sostenuti dai paesi occidentali, al punto di essere diventato oggi l'organizzazione più potente in seno a questa coalizione. Si pone la questione di sapere fino a dove gli Stati Uniti sono disposti ad arrivare per sostenerli. Un'avanzata troppo rapida di al-Nusra potrebbe indisporli.

Il sostegno dell'Iran e della Russia al regime è indefettibile?
Ha loro permesso di farsi riconoscere come gli attori imprescindibili di una risoluzione politica. Questo successo diplomatico ha tuttavia un costo economico. L'Iran deve tener conto delle sanzioni e del basso prezzo del petrolio, proprio come la Russia. L'Iran è anche impegnato in Iraq nel sostegno alla lotta contro Daesh. La Russia, analogamente, sostiene i separatisti in Ucraina.
Ciò nondimeno l'Iran, la Russia e l'Hezbollah libanese restano molto chiari sulla loro volontà di sostenere il regime. Nella coalizione dei paesi che sostengono l'opposizione ognuno ha le sue motivazioni e il loro livello di impegno non è equivalente.

La morte o le dimissioni di Bashar al-Assad provocherebbero necessariamente la fine del regime?
Bashar al-Assad è un elemento chiave del regime. È il legante indispensabile tra interessi diversi. In caso di vuoto di potere alcuni potrebbero tentare di designare rapidamente il suo successore per assicurare la continuità, ma nessuno sa se funzionerebbe.
Nell'ipotesi di un crollo del regime, le forze armate e i paramilitari non cesserebbero necessariamente di esistere, né di battersi. Quelli che resterebbero nel paese potrebbero fondersi in una nuova configurazione di milizie e di caos. La guerra civile continuerebbe allora in uno Stato in decomposizione, dove nessuno saprebbe veramente a che cosa somiglierebbe la vittoria. (intervista a cura di François d’Alançon; da La Croix; trad. it. G. M. Schmitt)