Bomba a orologeria sociale in Ucraina

Povertà e guerra tengono l'Ucraina in una morsa. Un anno dopo le proteste di Maidan l'euforia è svanita. Al paese manca la prospettiva

08 maggio 2015

(Delf Bucher) Sulle tabelle delle agenzie di cambio le cifre oscillano di giorno in giorno. Nel giro di pochi mesi il corso della valuta ucraina si è dimezzato rispetto all'euro. Nel 2014 l'inflazione ha raggiunto il 30% e le tasse militari gravano su ogni entrata. Un incontro con il vescovo riformato Sandor Zan Fabian, pastore della minoranza ungherese di confessione evangelica.

Pensionati in povertà
Sandor Zan Fabian prova a descrivere che cosa significhi per le singole persone l'attuale situazione di povertà: “Un pensionato con una pensione equivalente a trenta euro al mese deve già spenderne un terzo per comprare il pane. Se deve aggiungerci un medicamento non è più in grado di pagare la bolletta della corrente”.
Anche se al telefono le rughe sulla fronte del vescovo non sono visibili, la sua disperazione è palese: “Non siamo nemmeno più in grado di somministrare vaccini ai bambini”. E il religioso, che viaggia per il paese, lo sa bene: in altre regioni la situazione è persino più grave che in Transcarpazia, dove è alla guida di 100.000 ucraini riformati di lingua ungherese.

La chiesa in soccorso
Per molte persone la chiesa rappresenta un'ancora di salvezza. Le sue mense per i poveri sono prese d'assalto. Alla rete diaconale dei riformati ungheresi partecipa anche l'Aiuto delle chiese evangeliche svizzere (ACES/HEKS). A decidere chi riceve aiuto è il grado di bisogno, non la confessione religiosa. “Davanti alla fame siamo tutti uguali”: così spiega il vescovo la regola di non destinare gli aiuti esclusivamente alla minoranza.
Il vescovo Zan Fabian sottolinea inoltre: “Viviamo qui da secoli in piena armonia con ruteni, russi, sloveni e ucraini”. La convivenza pacifica nella Transcarpazia - mosaico di minoranze provenienti da Polonia, Ungheria, Romania e Slovacchia -, funziona. Ma come reagiscono i giovani ungheresi quando vengono chiamati alle armi? Su questo il vescovo diplomaticamente tace.
Matthias Herren, delegato dell'ACES/HEKS per l'Europa dell'Est, che ha visitato di recente la Transcarpazia, dice invece: “Non c'è praticamente più nessun giovane ungherese che vada ancora al servizio militare”. Perché si è sparsa la voce di quel che succede agli arruolati: equipaggiamento insufficiente, cattiva coordinazione, i soldati devono pagarsi da sé abbigliamento e cibo. Grazie alla possibilità di ottenere un passaporto ungherese possono in qualsiasi momento rifugiarsi all'estero.

L'ambito passaporto
Non sono soltanto gli ungheresi a opporsi all'esercito. Jürgen Kräftner, che vive in Ucraina dal 1996, dice: “Da noi nei villaggi quasi nessuno si presenta alla visita militare. I giovani spariscono”. Alcuni sono riusciti a procurarsi un passaporto ungherese. “Questo gli permette inoltre di accedere al mercato del lavoro dell'Europa occidentale”. Kräftner organizza progetti sociali per la “rete Svizzera-Transcarpazia”. Un anno fa con il suo gruppo musicale Hudaki ha suonato a Kiev in piazza Maidan per celebrare il cambiamento. Continua a sperare nella svolta. Ma la guerra blocca tutte le riforme. Si rivela quindi fondata la sfiducia della maggioranza della popolazione: lo Stato è marcio e corrotto. (da reformiert.; trad. it. G. M. Schmitt/voceevangelica.ch)