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Lanciata nella Svizzera italiana l'iniziativa per multinazionali responsabili che intende evitare violazioni dei diritti dell'uomo e disastri ambientali da parte delle grandi imprese

05 maggio 2015

(ve/comm.) La Svizzera, paese con la maggior densità di multinazionali pro-capite al mondo, ha un dovere di responsabilità e può dare l’esempio garantendo la protezione dei diritti umani e dell’ambiente anche in paesi terzi. Questo il messaggio di una coalizione di circa 66 associazioni e organizzazioni svizzere che hanno lanciato l’iniziativa popolare per multinazionali responsabili (vedi sito dell'iniziativa), presentata ufficialmente oggi in Ticino. Se approvato il testo garantirebbe che le imprese con sede in Svizzera integrino il rispetto dei diritti umani e delle norme ambientali nell’insieme delle loro relazioni d’affari, in patria e all’estero.

Processi di dovuta diligenza
“La Svizzera,” ha dichiarato Chiara Simoneschi-Cortesi, membro del Comitato d’iniziativa, “da sempre, dà molto in termini di aiuto umanitario e di cooperazione allo sviluppo. E di questo tutta la popolazione svizzera ne va fiera. Purtroppo negli ultimi decenni alcune aziende internazionali svizzere, con le loro attività all’estero, negano alle popolazioni residenti di poter vivere nel rispetto dei diritti umani e dell’ambiente. Ciò non è più tollerabile: ne va del buon nome della Svizzera!”
Chiara Simoneschi-Cortesi ha messo in evidenza il carattere preventivo del meccanismo proposto dall’iniziativa, il cui scopo finale è evitare inutili vittime e danni ambientali. Si vuole infatti privilegiare la messa in atto di processi di Dovuta Diligenza (Due Diligence), meccanismi di controllo interno, da parte delle aziende. In caso di accusa di violazione dei diritti umani o di danni ambientali le imprese dovrebbero provare la propria buona fede, dimostrando di aver implementato tutti i necessari controlli nelle proprie attività all’estero.

Primato poco dignitoso
Controlli necessari poiché, secondo uno studio dell’Università di Maastricht, la Svizzera - 20esima Potenza economica mondiale - figura al nono posto dei paesi più spesso coinvolti in violazioni dei diritti umani commessi da imprese. Gli esempi non mancano: bambini costretti a raccogliere il cacao nelle piantagioni dell’Africa occidentale invece di andare a scuola, condizioni di lavoro disumane nell’industria tessile in Asia e Europa dell’Est, danni ambientali causati dalle attività produttive. Scandali da prima pagina che le autorità del nostro paese continuano a ignorare, rifiutando di agire e preferendo privilegiare le iniziative volontarie da parte delle imprese. 

È in gioco la reputazione elvetica
In gioco, secondo Dick Marty, co-presidente del Comitato d’iniziativa, c’è la reputazione della Svizzera. La classe politica svizzera attuale è troppo concentrata sul presente e poco lungimirante mentre l’iniziativa, promossa dalla società civile, offre al nostro paese l’opportunità di essere pioniere in materia di imprese e diritti umani. La dinamica storica è chiara: si va verso una maggiore trasparenza e un’accresciuta responsabilità degli attori sociali. Si tratta ora di anticipare i tempi e di non essere costretti a reagire in modo rovinoso come è stato il caso recentemente con i beni ebraici, la vicenda Swissair e il segreto bancario.
“La tendenza a regolamentare le attività delle multinazionali affinché rispettino i diritti dell’uomo e l’ambiente è in corso adesso,” ha affermato Marty, “Altri paesi attorno a noi stanno mettendo a punto legislazioni in questo senso: ma noi vogliamo essere gli ultimi o i primi? Nell’interesse dell’economia e del Paese tutto”.

L'autocontrollo non basta
Marty ha sottolineato come questa iniziativa, criticata dagli ambienti economici perché ritenuta dannosa, non nuocerà all’economia svizzera. Al contrario, se il testo venisse accettato in votazione popolare il nostro paese potrebbe vantarsi di essere in sintonia con i valori della nostra civiltà.
Il direttore di Alliance Sud, Peter Niggli, ha ricordato come lo scorso marzo il Parlamento abbia respinto in un voto rocambolesco una mozione il cui obiettivo era proprio rafforzare la responsabilità delle imprese rispetto alle attività all’estero. Un fatto che rende ancor più urgente l’iniziativa per multinazionali responsabili.
“L’iniziativa esige solo ciò che alcune multinazionali svizzere, ma non tutte, pretendono di aver già introdotto da alcuni anni,” ha affermato Niggli, “ovvero un meccanismo interno di processi di Dovuta Diligenza (Due Diligence) che vincola la direzione, a tutti i livelli ed in tutti i settori dell’impresa. Se questi processi sono già in atto le imprese non hanno nulla da temere dalla nostra iniziativa, che se approvata si limiterà a dare una base legale a meccanismi già in uso.”