Jakob Künzler e gli armeni

Testimone del genocidio, nato a Hundwil nell'Appenzello, infermiere e medico a Urfa, nel sud dell'Anatolia, salvò con la moglie Elisabeth migliaia di orfani armeni

25 aprile 2015

(Paolo Tognina) Nella primavera del 1915, mentre in Europa infuriava la Prima guerra mondiale, in Turchia si consumò un'immane tragedia che costò la vita a oltre un milione di persone. La popolazione armena che per secoli aveva vissuto sotto il dominio ottomano fu vittima di un crimine su vasta scala, organizzato in modo sistematico. “Il mio popolo giace sul banco del macellaio”, balbettò la massima autorità religiosa armena in mezzo a un fiume di lacrime mentre uomini, donne e bambini venivano uccisi senza pietà o trascinati a morire in mezzo al deserto.

Da Basilea a Urfa
Jakob Künzler, originario dell'Appenzello, aveva seguito a Basilea, nell'Istituto evangelico per diaconi, una formazione in campo infermieristico. Quando, sul finire dell'Ottocento, ci furono i primi pogrom contro gli armeni, venne mandato, insieme al medico basilese Hermann Christ, a lavorare nel piccolo ospedale di Urfa, fondato nel sud della Turchia dal missionario evangelico tedesco Johannes Lepsius.

Jakob Künzler, testimone del genocidio (Segni dei Tempi RSI La1)

A Urfa, Künzler curò persone di ogni religione e gruppo etnico, imparò l'armeno, il turco, l'arabo, il curdo e l'inglese. Con la sua instancabile prontezza nell'aiutare e la sua indole affabile, si guadagnò la fiducia di molte persone di tutti gli strati sociali e di tutte le comunità religiose.

In mezzo alla tragedia
Poco prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, il medico svizzero dell'ospedale di Urfa rientrò in patria per un congedo. Künzler rimase solo, con la moglie, Elisabeth, a continuare il lavoro. Tenne aperto l'ospedale, curò i feriti di guerra e visitò i malati durante l'epidemia di tifo.
Quando ebbe inizio lo sterminio, Elisabeth Künzler - che aveva buone relazioni con molte donne musulmane - riuscì col loro aiuto a portare al sicuro ad Aleppo donne e bambini armeni. Per due anni la collaboratrice danese di Künzler, Karen Jeppe, tenne nascosti sette uomini armeni. E il domestico musulmano dei Künzler, Alì, provvide a portare cibo a diverse persone nascoste.

La farmacia della clinica di Urfa

Impegnato ogni giorno a portare pane e indumenti ai deportati, a ricucire le loro ferite e a occuparsi di malati in preda a delirio febbrile, Künzler annotò nel suo diario ciò che vedeva e sentiva. Oggi è considerato a livello internazionale uno dei più importanti testimoni del genocidio armeno.
Raccolse innumerevoli testimonianze, al punto che non poté esserci più alcun dubbio: non stava avvenendo un massacro come altri, le uccisioni erano decise dalle autorità centrali ottomane che coordinavano le operazioni mandando gli ordini attraverso la rete telegrafica. In quel modo, fu “cancellato in modo pianificato e deliberato un intero popolo”.

L'esodo degli orfani
La resistenza dei dignitari locali fu inutile. Il cadì di Urfa fu trasferito per motivi disciplinari essendosi rifiutato di eseguire gli ordini di deportazione. Inutilmente i musulmani conservatori dissero che ciò che veniva fatto agli armeni era in contraddizione con il Corano. Anche Jakob e Elisabeth Künzler non poterono fermare le uccisioni, ma solo prestare aiuto, lenire le sofferenze, nascondere e proteggere un certo numero di persone.

Terminata la Prima guerra mondiale, quando la persecuzione degli armeni rimasti riprese con rinnovato vigore, i Künzler riuscirono con un'azione temeraria a portare in salvo, oltre il confine, verso il Libano, circa ottomila orfani. Costretti a chiudere e abbandonare l'ospedale di Urfa, continuarono la loro missione di aiuto agli armeni nell'orfanotrofio di Ghazir, in Libano, sostenuto da organizzazioni svizzere e americane.
Il diario di Jakob Künzler, "Im Lande des Blutes und der Tränen", pubblicato la prima volta nel 1921, è stato riedito a Zurigo (Chronos Verlag) da Hans-Lukas Kieser, nel 1999 e ristampato più volte.