Panorama religioso svizzero

La società svizzera sta evolvendo verso una crescente multireligiosità, i cattolici sono la comunità di fede più grande

23 dicembre 2015

(Regula Pfeifer) A causa dell'immigrazione la percentuale cattolica romana della popolazione Svizzera ha tenuto bene ed è attualmente maggioritaria. La Chiesa evangelica riformata, attualmente al secondo posto, ha perso quasi un terzo dei suoi membri dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Il numero degli aconfessionali è raddoppiato dalla svolta del millennio. Sono questi e altri i fatti rilevati da un recente studio dell'Istituto svizzero di sociologia pastorale (SPI) di San Gallo.

Situazione nel 2013
Secondo lo studio, che mostra la situazione del 2013, il 38% della popolazione svizzera appartiene alla Chiesa cattolica romana, il 26,1% a quella evangelica riformata. Il 22,2% è senza confessione, il 5,8% fa parte di un'altra comunità cristiana e il 6,6% fa parte di altre comunità religiose. Tra queste ultime figurano le comunità musulmana, induista, buddista e ebraica.
Le altre comunità cristiane sono cresciute negli ultimi decenni, passando dal 2,2% del 1980 al 5,8% del 2013. La quota maggiore è rappresentata dal 2,1% delle Chiese ortodosse orientali e della Chiesa cristiana ortodossa, come rileva lo studio sulla base di un sondaggio dell'Ufficio federale di statistica.

Calo pronunciato dei riformati
Lo studio conferma dunque che dagli anni Sessanta del secolo scorso la Svizzera è andata trasformandosi da paese con due confessioni (cattolica e riformata) a paese tendenzialmente multireligioso. A determinare questo andamento sono stati da un lato il calo della Chiesa evangelica riformata e dall'altro il numero crescente di aconfessionali. Nel 1950 i credenti evangelici riformati erano il 56,3% della popolazione, mentre nel 2013 erano soltanto il 26,1%. Ciò equivale a un calo di quasi un terzo (30,2%).

Rapida crescita degli aconfessionali
Come mostra un grafico dello studio SPI, fino agli anni Novanta del secolo scorso gli aconfessionali, pur in fase crescente, si erano mantenuti sotto la soglia del 10%. Dal 2000 al 2013 il loro numero è quasi raddoppiato, passando dall'11,4% al 22,2%. Lo studio spiega che il crescente numero di aconfessionali dipende dalle fuoriuscite dalle chiese, dal minor numero di battesimi e dall'ingresso di aconfessionali dall'area dell'Unione europea.
Dal 1900 al 1990 i cattolici si sono mantenuti circa allo stesso livello, tra il 41% e il 48%, come mostra un grafico dello studio. Dagli anni Novanta del secolo scorso, però, anche la loro percentuale è scesa, raggiungendo il 38% nel 2013. Il periodo di quota cattolica costante è da attribuire soprattutto all'immigrazione, sostiene lo studio.

Oltre il 38% degli immigrati è cattolico
Oltre la metà degli immigrati, il 54,8%, è cristiana. È un dato che nei dibattiti pubblici viene spesso dimenticato, lamenta lo studio. La maggior parte dei migranti, ossia il 38,9%, appartiene alla Chiesa cattolica romana. Soltanto il 7% è riformato, mentre gli aconfessionali ammontano a un quarto del totale. Il 14% è costituito da musulmani e il 3,5% da appartenenti ad altre comunità religiose.

A Basilea record di aconfessionali
Interessanti sono anche le differenze regionali. Secondo lo studio, nella statistica delle confessioni religiose gli aconfessionali rappresentano la percentuale più consistente della popolazione nei cantoni Basilea Città (45,5%), Neuchâtel (40,1%) e Ginevra (37,5%). Nella Svizzera centrale, invece, e nei cantoni Vallese, Giura e Appenzello Interno costituiscono soltanto tra il 6,4% e il 14,2% della popolazione. Questi cantoni continuano a essere marcati da una forte impronta cattolica. I riformati hanno perso molto terreno soprattutto nella Svizzera occidentale. Secondo lo studio SPI, nel canton Ginevra, di tradizione calvinista, costituiscono ancora appena il 9,4%. (kath.ch)